I precursori del cinema di Michele Corsi

Testo e immagini pubblicate grazie all'autorizzazione di Michele Corsi (insegnante di cinema e TV dell’ITSOS Steiner di Milano).Articolo completo al seguente link  https://www.cinescuola.it/cinema-muto/i-precursori/

 Il cinematografo che i Lumière brevettarono, non fu una "invenzione", ma il momento culminante di una serie di progressi tecnologici che risalgono ad alcuni secoli fa e che hanno conosciuto una formidabile accelerazione a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Come dichiarò lo stesso Louis Lumière: "Le cose erano nell'aria... le ricerche precedenti, quelle di Janssen, di Edison, e soprattutto di Marey e dei suoi allievi dovevano prima o poi portare ai risutati ai quali ho avuto la fortuna di arrivare io per primo". 

Perché il cinematografo fosse possibile dovevano essere riunite una serie di condizioni tecnologiche:

- la possibilità di riprodurre le immagini (connesso al piacere delle persone di guardarle) e registrarle;

- l'esistenza di un supporto che le potesse fissare in sequenza (la pellicola);

-  la possibilità di proiettare le immagini;

- la possibilità di visionarle in rapida successione in modo da ricavarne l'impressione del movimento.

Queste condizioni furono tutte riunite negli ultimi due decenni del XIX e da quel momento si susseguirono i tentativi di assemblarle in un'unica macchina. 


La riproduzione di immagini

Una delle componenti fondamentali del cinema e della televisione è il piacere che le persone provano nel guardare una immagine o una serie di immagini che riproducono la realtà o una realtà "altra". Anche solo per qualche attimo la mente si astrae dall'ambiente in cui è abituata ad operare, e si trasferisce virtualmente in un'altra dimensione. Un piacere correlato alla riproduzione è quello di vedere trasformate delle immagini quotidiane (deformazione, ribaltamento, ricomposizione, ecc.), piacere sul quale si basano alcune illusioni ottiche (anamorfòsi, camera oscura, ecc.). Su questo genere di attrazioni si si basano il Panorama, il Diorama, il Mondo Niovo, molto in voga nel Settecento. E' in quel secolo che si forma un pubblico che domanda immagini che riproducano la realtà, più o meno realisticamente. Questo pubblico andrà ampliandosi nel corso dell'Ottocento con il successo di massa della fotografia, il mezzo tecnico che consente di fissare in maniera assolutamente realistica l'immagine di realtà.

Anamorfòsi. L'anamorfòsi consiste nel disegnare una figura dai contorni indecifrabili se vista dalla gran parte dei punti di vista, ma che si ricompone quando viene messa in prospettiva a partire da una posizione precisa dell'osservatore oppure se letta su uno specchio conico, cilindrico o piramidale.

Panorama. Alla fine del Settecento un ritrattista scozzese, Robert Barker, brevettò una sua invenzione che chiamò Panorama (dal greco: visione circolare): dipingeva vasti paesaggi che faceva ammirare all'interno di una costruzione cilindrica. Si trattava di un enorme quadro senza cornice e senza punti di riferimento, dove il cielo si estendeva oltre il campo visivo. L'invenzione si inseriva in una moda di quadri spettacolari di grandi dimensioni e ricchi di dettagli diffusa all'epoca. Nel 1788 Barker esibì a Londra con enorme successo la sua grande veduta di Edimburgo. Nel 1794 inaugurò un panorama permanente in Leicester Square che chiuse solo nel 1863: la circonferenza del quadro era di 86 metri e veniva cambiato ogni anno.

Ritraeva paesaggi, città straniere, grandi battaglie e gli spettatori pagavano un scellino per ammirarli. Altri Panorama vennero poi allestiti a Berlino, Parigi e Mosca. Venne chiamato Panorama anche un meccanismo che prevedeva lo scorrimento di un lungo quadro attraverso una cornice.


Diorama. Il Diorama fu lanciato a Parigi nel 1822 da Louis-Jacques-Mandé Daguerre lo stesso che più tardi inventò il dagherrotipo. Consisteva di grandi pannelli dipinti (anche 21 metri per 12) dove alcune parti erano trasparenti per lasciar trasparire luci. Così la stessa scena poteva mostrare stagioni diverse o variare dal giorno alla notte. Una evoluzione successiva consisteva nel far sì che il pubblico lentamente ruotasse su se stesso, ma ricavandone la sensazione che fossero le immagini a ruotare. Il diorama sopravvisse 30 anni, pochi mesi prima della morte di Daguerre nel 1851.

Mondo Niovo. Erano scatole spesso vistosamente elaborate, dotate di due o più aperture con lenti, e talvolta illuminate internamente. Lo spettatore guardava all'interno vedute fisse delle città del mondo, che alternavano spesso la visione diurna con quella notturna. A metà del Settecento erano tra gli spettacoli ambulanti più in voga nelle fiere, soprattutto tra il pubblico infantile.

 

Camera oscura. Noto fin dall'antichità, il fenomeno della camera oscura risponde a una semplice legge fisica: un foro nella parete di una stanza o di una scatola buia provoca l'incrociarsi dei raggi provenienti da persone, oggetti, edifici e quindi la proiezione sulla parete opposta di un'immagine simile, rovesciata. Anche questo fenomeno si prestò a molti "giochi", sino a che non fu messo a frutto con la nascita della fotografia che fissava su supporto l'immagine capovolta.

Fotografia. Joseph Nicéphore Niépce cominciò a studiare la sensibilità alla luce del cloruro d'argento e nel 1816 ottenne la prima immagine fotografica (che ritraeva un angolo della sua stanza di lavoro) utilizzando un foglio di carta sensibilizzato che, però, non riusciva a fissare l'immagine completamente. Niépce studiò la sensibilità alla luce di numerose altre sostanze e nel 1822 riprodusse su vetro un'incisione che raffigurava papa Pio VII, che però andò distrutta. La più antica immagine oggi esistente è una di quelle che Niepce ottenne nel 1826 (sotto), utilizzando una camera oscura nella quale l'obiettivo era una lente biconvessa, dotata di diaframma e di un rudimentale sistema di messa a fuoco. Alle immagini così ottenute Niepce diede il nome di eliografie. La fotografia ebbe un crescente successo e via via si perfezionò arrivando alla stampa su carta, alla riproducibilità (con il negativo), al perfezionamento degli obiettivi, alla costruzione di macchine portatili e all'invenzione delle pellicole in rullo con supporto in celluloide. Tutte invenzioni di cui beneficerà il cinematografo.

La pellicola

Per poter fissare l'immagine è necessaria una emulsione che contenga una sostanza sensibile alla luce depositata su un supporto. I primi supporti furono fogli metallici, vetro, carta. Alla fine si sperimentò la celluloide. La pellicola di celluloide, un supporto trasparente sufficientemente flessibile per poter scorrere, ma anche abbastanza robusto da non rompersi, poteva contenere diversi fotogrammi. Questa tecnologia fotografica fu un presupposto necessario per la nascita della cinematografia.

Hyatt, Graff & Jougla e John Carbutt. Tra il 1865 e il 1869 due tipografi statunitensi, i fratelli Hyatt avevano creato una delle prime plastiche artificiali, la celluloide. La celluloide è una mescolanza di nitrocellulosa (il nitrato è pericoloso da maneggiare ma è di una trasparenza unica, più di quelli che l'hanno sostituito per ragioni di sicurezza come l'acetato, il triacetato e il poliestere). Era infiammabilissima. Graff & Jougla usarono questo materiale per la prima volta nel 1887 come supporto per l'emulsione fotografica. Successivamente negli Usa John Carbutt brevettò il sistema nel 1889.

Eastman. Le fotografie erano inizialmente catturate utilizzando lastre di rame, vetro o metallo cosparso di emulsioni con nitrato d'argento. Lo statunitense George Eastman usava la celluloide come supporto nella fabbricazione delle lastre, e nel 1888 iniziò la produzione della macchina fotografica Kodak N.1 dotata di pellicola avvolgibile. Il materiale fotosensibile era cosparso sulla carta, ma nel 1891 la carta venne sostituita da una pellicola di celluloide avvolta in rulli, la moderna pellicola fotografica.

Reynaud. Il francese Emile Reynaud usava per il suo apparecchio, il teatro ottico, il cristalloide, una gelatina imparentata con la celluloide. Nel suo brevetto del 1889 si parlava di una striscia flessibile recante una serie di pose successive che si arrotolano e si srotolano e che si ingranano scorrendo sulla corona. Il cristalloide era tagliato a quadratini che poi venivano assemblati in strisce e quindi avvolte in bobine, con fori regolari posti tra le immagini.

Edison. Lo statunitense Edison ebbe l'idea di applicare la pellicola fotografica per riprodurre l'immagine in movimento. Probabilmente fu ispirato dalle strisce di celluloide mostrategli da Demenÿ in uno zootrope durante il suo viaggio in Europa. Perché non saltellassero era necessario però registrare i fotogrammi in  maniera perfettamente equidistante, per questo occorreva affidare l'avanzamento del film a delle perforazioni che assicurassero il moto con un passo estremamente preciso, così come aveva fatto per il nastro di carta del telegrafo. La pellicola fornita da Eastman, infatti, non era perforata. Edison provò varie dimensioni e passi di perforazione fino definire uno standard che è ancora attuale: 35 mm.  La pellicola impiegata nel kinetoscope era lunga una ventina di metri, larga 35 metri, con due file di perforazioni rettangolari lungo i due lati, 4 per fotogramma.

La proiezione

La proiezione, in linea teorica, non è un requisito indispensabile per la cinematografia. Edison ad esempio pensava che il cinema si sarebbe sviluppato attraverso la visione individuale. Nei fatti il fascino della riproduzione di immagini ha sortito un maggior richiamo attraverso la proiezione, forse perché la superiore dimensione delle immagini favorisce l'immersione nella nuova realtà. La fruizione della proiezione inoltre è collettiva ed anche questo ha contribuito al suo successo. Per poter vedere immagini in movimento, però, è necessario, anche in fase di proiezione, che le immagini siano proiettate ferme, anche se in rapida successione, e questo fu un problema che potè essere risolto solo insieme a quello della ripresa.

Ombre cinesi. Le antiche tecniche orientali della proiezione di ombre (ferme e in movimento) conobbero grande popolarità nell'Europa della seconda metà del Settecento. Il teatro d'ombre si serve di una luce e di diverse silhoutte, ossia sagome ritagliate. Si hanno notizia di spettacoli in Cina dall'11° secolo. In questo paese, e poi in India e Giava, si arrivò ad un'arte molto raffinata, con figure articolate, mosse da sistemi di bacchette e spaghi, proiettate su uno schermo ben teso, di carta o di seta. In Europa vennero denominate ombre cinesi a partire dall'inizio del XVII secolo. Gli italiani nel Settecento erano i più rinomati in quest'arte ed erano chiamati a Londra ad organizzare degli spettacoli. Il successo del teatro d'ombre continuò in Europa sino alla fine dell'Ottocento, con spettacoli sempre più complessi che comprendevano effetti di luce, otturazioni, combinazioni con la lanterna magica, fino a che il cinematografo sostituì questa come altre forme di riproduzione delle immagini.


Lanterna magica. La lanterna magica era un apparecchio costituito da una potente fonte di luce, concentrata da un condensatore, che colpiva un'immagine trasparente e la proiettava ingrandita su uno schermo bianco. Era il primo sistema moderno di proiezione dell'immagine. Lo spettatore non doveva accostare gli occhi all'apparecchio, al contrario gli volgeva le spalle, e a volte ne ignorava del tutto la presenza. Il pubblico non era costituito da una persona sola come nel Mondo Niovo, ma da un gruppo come nel teatro d'ombre. Costruita alla fine del Seicento sarebbe rimasta popolarissima fino alla fine dell'Ottocento. La lanterna magica si fece sempre più complessa nel tempo creando immagini in movimento, ad esempio con due lastre sovrapposte una delle quali veniva mossa da un filo. Poi vennero introdotte lanterne con più d'un obiettivo per ottenere dissolvenze da una lastra all'altra. Il fantascopio brevettato nel 1799 dal belga Etienne Robertson era montato su un carrello e retroproiettava su schermo immagini che così si ingrandivano e si rimpicciolivano, come uno zoom. Dalla metà del Seicento fino al Settecento una serie di girovaghi viaggiarono per l'Europa con le loro lanterne magiche impressionando il pubblico, ma nell'Ottocento divenne un oggetto domestico di lusso. Ebbero successo anche numerosi "accessori" come le decalcomanie, figure stampate che liberamente potevano essere trasferite sui vetri della lanterna magica dagli acquirenti.

 

Immagini in movimento

Michael Faraday e Peter Mark Roget avevano studiato il fenomeno noto fin dall'antichità della persistenza retinica: la retina trattiene l'immagine, con intensità decrescente, una frazione di secondo dopo che l'immagine stessa è scomparsa. Quindi l'occhio umano, quando è colpito da una serie di immagini in rapida successione (e dunque tra loro c'è un intervallo, seppur breve, senza immagini), non si accorge del momento in cui l'immagine non c'è. Se le immagini sono simili due a due presentando solo minimi cambiamenti, poi, si ha l'illusione del movimento. Nell'Ottocento si svilupparono una serie di giochi che sfruttavano questi fenomeni, utilizzando delle serie di disegni fatti scorrere in rapida successione.

https://youtu.be/r4B3FHHt_k8

https://youtu.be/lfAzr0GWknU

Phenakistiscope. Nel 1833 Joseph Plateau a Bruxelles e Simon Stampfer a Vienna inventarono un giocattolo, all'insaputa l'uno dell'altro, che si basava sul fenomeno della persistenza retinica. Dipinsero sulla circonferenza interna di un cilindro una serie di figure che rappresentavano fasi successive di un'azione continua. Tra una figura e l'altra praticarono delle fessure. Girando velocemente il cilindro di fronte allo specchio, le immagini apparivano tra una fessura e l'altra e davano l'impressione che non si trattasse di una serie di disegni, ma di una sola immagine in movimento. Poiché in ogni figura veniva rappresentato uno spostamento rispetto a quella precedente, per effetto della persistenza retinica, la visione in rapida successione fondeva le immagini tra loro e dava l'impressione del movimento.

Zoetrope. Dopo il 1860 ebbe successo un perfezionamento del Phenakistiscope: lo Zoetrope che sostituiva il cilindro accoppiato allo specchio con un tamburo aperto sul lato superiore, dove i bordi erano incisi con delle fessure e all'interno dei quali erano sistemati rotoli di carta sui quali erano dipinte figurine nelle varie fasi del movimento.

Phasmatrope. Tra il 1860 e il 1870 vennero registrati una serie di brevetti che usavano la fotografia nei zoetrope. Ad esempio il Phasmatrope di Henry Heyl che metteva in movimento una serie di fotografie ottenute facendo posare i modelli con minime mosse per ogni immagine. La difficoltà era che non non si riusciva ancora a scattare una serie di foto in sequenza.

Praxinoscope. Il francese Emile Reynaud, sostituì le fessure del zoetrope con un prisma di specchi sistemato al centro e che, visto dall'alto mentre girava, rifletteva una successione di immagini senza perdita di luce. Il suo primo praxinoscope era realizzato con scatole di latta da biscotti e pezzi di cartone. Lo brevettò nel 1877 e poco dopo andò a Parigi a costruire una piccola fabbrica per produrlo come giocattolo. Reynaud preparava anche le strisce di disegni (una dozzina ognuna) tutti colorati con figure di prestigatori, acrobati, atleti, pagliacci e scimmie.

Théâtre Optique. Nel 1889 Emile Reynaud, basandosi sul suo Praxinoscope, brevettò il teatro ottico che consenteva la retroproiezione di storie animate, poi successivamente perfezionato. La sequenza di immagini (disegnate a mano da Reynaud una ad una, trasparenti) era dipinta su una larga banda continua che si arrotolava e si srotolava su due bobine. I dentini sporgenti del grande tamburo traforato ingranavano uno alla volta i fori presenti tra un'immagine e l'altra della banda. Gli specchi prismatici (l'idea del prisma sarebbe stata poi utilizzata per le moviole) del tamburo riflettevano davanti all'obiettivo il passaggio delle figure animate che venivano quindi proiettate su uno specchio e infine sullo schermo. Una lanterna magica proiettava uno sfondo fisso. Lo schermo era situato tra la macchina e il pubblico. Al Museo Grévin di Parigi il 28 ottobre 1892 Reynaud presentò le sue Pantomimes lumineuses per la prima volta di fronte a un vasto pubblico. Gli spettacoli ebbero grande successo. L'invenzione del cinematografo però provocò la sparizione di questo e molti altri spettacoli "ottici". Reynaud morì anni dopo in miseria, dopo aver gettato nella Senna la sua macchina e quasi tutti i suoi disegni animati. Il disegno animato "Autour d'une cabine" è l'unico conservato nella sua interezza, è del 1893 ed è costituito da 636 disegni che si sviluppano lungo 45 metri.

https://youtu.be/A5MXcxaRXNc

Ripresa e proiezione di immagini fotografiche in movimento

I lunghi tempi di posa della fotografia impedivano la ripresa di oggetti che non fossero completamente immobili e questo limite rendeva impossibile la ripresa in rapida successione di una serie di fotografie.  Solo nel 1878, con l'inglese Abney, si realizzarono le lastre a secco con una sensibilità tale da permettere l'stantanea.

https://youtu.be/LowU9vKZzJs

 anssen. L'astronomo francese Jules Janssen aveva registrato nel 1874 una serie di lastre con il passaggio di Venere davanti al Sole. L'apparecchio, chiamato revolver fotografico, era dotato di un movimento ad orologeria che esponeva su lastra una immagine ogni 72 secondi. Faceva uso di una lastra circolare che avanzava ad ogni apertura dell'obiettivo in modo da esperre una piccola parte alla volta della sua superficie sensibile.

Muybridge. Il fotografo inglese Eadweard Muybridge (che si trasferì negli USA a venti anni) dal 1878 provò a fotografare cavalli in movimento, su indicazione di un appassionato. Nel 1878 analizzò le fasi successive del galoppo di un cavallo usando 12 macchine fotografiche il cui scatto era comandato dall'avanzamento del cavallo stesso che passava sopra fili disposti di traverso sulla pista e che faceva scattare al passaggio. Il successo lo spinse a fotografare altri animali. Questi però non correvano lungo una pista e dunque escogitò un meccanismo automatico ad orologeria. Poi fotografò atleti e molti altri soggetti.

Zoopraxiscope. Nel 1879 Muybridge decise di ricomporre le varie immagini in una sequenza che desse l'impressione del movimento. Ristampò le fotografie su una lastra circolare trasparente che ruotando davanti a una lanterna magica proiettava le immagini su uno schermo.

https://youtu.be/oGRTEjTzgBc

Marey. Nel 1882 il fisiologo francese Etienne Jules Marey, interessato allo studio della locomozione umana e animale, costruì un apparecchio derivato dal revolver fotografico di Janssen: il fucile fotografico, con lastre a secco, che permetteva l'esposizione successiva di 12 lastrine con chassis intercambiabili. Ricorse anche ad esposizioni successive sulla stessa lastra, ponendo il soggetto davanti ad uno sfondo nero. La durata delle azioni riprese con tale apparecchio era ancora molto breve a causa del limite fisico della lastra circolare. Bisognava trovare un supporto diverso per la registrazione delle immagini. La soluzione arrivò con l'invenzione della pellicola sensibile su striscia di carta messa in commercio dalla Eastman nel 1887, subito utilizzata da Marey nel suo nuovo apparecchio: il cronofotografo a pellicola. Una banda di celluloide di due metri di lunghezza coperta di emulsione sensibile scorreva in un corridoio posto nel piano focale dell'obiettivo. Il moto veniva fermato a distanza fissa da un blocco eletromagnetico durante l'apertura dell'otturatore. La cadenza delle esposizioni poteva andare da 10 a 50 al secondo, ma le immagini non erano registrate sul nastro ad intervalli perfettamente regolari, perché mancava la perforazione. Dunque la ripresa poteva essere visualizzata come sequenza di foto, ma non come sintesi perché non c'era registro tra immagini successive.

Demenÿ. Un giovane studente di medicina collaboratore di Marey, George Demenÿ, si dedicò alla riproduzione delle immagini in movimento. Casualmente nel 1893 scoprì un cinematismo che poteva far avanzare a scatti la pellicola non perforata in maniera più semplice rispetto a quella di Marey. Si trattava di un rullino montato eccentricamente su di un disco che ad ogni giro spingeva avanti la banda, contenente le immagini, di un passo pari all'intervallo tra i fotogrammi. Con grande dispetto di Marey che considerava l'invenzione avvenuta nei suoi laboratori come cosa sua, il 27 luglio del 1894 George Demenÿ brevettò a suo nome il "batteur". Ma la mancanza di una perforazione non permetteva però una perfetta equidistanza tra fotogrammi successivi. Pensò di applicare la sua invenzione a uno zootrope (fece una dimostrazione ad Edison), ma non pensò mai di arrivare alla proiezione.

https://youtu.be/11lKItGNuiY

Kinetograph. Thomas Alva Edison aveva dato incarico allo scozzese Laurie Dickson di portare avanti ricerche sulla ripresa di immagini in movimento fin dal 1888, anche ispirandosi a Marey e alla sua macchina con pellicola a rotolo. Edison utilizzava una squadra di collaboratori cui affidava un'idea che poi loro sviluppavano sul piano pratico. Dickson intraprese varie ricerche per arrivare ad un accettabile avanzamento intermittente della pellicola, e arrivò ad utilizzare la Croce di Malta (poi usata nei proiettori), scartata a favore di un altro meccanismo più rapido. Nel 1889 Edison brevettò un meccanismo in base al quale una lunga striscia di pellicola passava da una bobina all'altra grazie a ruote dentate che si agganciavano ai fori presenti su tutti e due i bordi della pellicola. La macchina da presa che ne uscì era molto pesante, mossa da un motore elettrico e praticamente non spostabile. Dickson, dopo vari esperimenti, per disporre di più luce montò la macchina dentro un ambiente protetto, il primo teatro di posa, che poteva ruotare per seguire il corso del sole. La scena era una pedana illuminata dall'alto (il tetto era di vetro) su fondo nero (per risaltare l'immagine). La costruzione fu chiamata Black Marie. L'apparecchio da ripresa fu chiamato kinetoghaph, e fu brevettato nel 1891. Una nuova versione nel 1892 portava la pellicola 35 mm.

Dickson e Edison. Dickson e Edison inventarono nel 1891 anche l'apparecchio atto a proiettare le pellicole girate con il Kinetograph e che chiamarono Kinetoscope. La riproduzione era ottenuta per visione individuale, dato che Edison pensava fosse più redditizia rispetto a quella collettiva (proiezione). In questo modo guadagnava un nichelino ad ogni passaggio di pellicola, come aveva già fatto con il fonografo quando aveva preferito l'ascolto individuale con gli auticolari a quello collettivo con la tromba. Gli apparecchi erano situati in sale apposite chiamate Kinetoscope parlor. Ve n'era uno anche a Parigi, dove almeno uno dei fratelli Lumière lo vide. Del resto il Kinetoscope non aveva possibilità di essere trasformato in apparecchio di proiezione. Il moto della pellicola era continuo e correva sopra una lampada elettrica e sotto una lente di ingrandimento posta sulla parte superiore della scatola; tra la lampada e la pellicola c'era un otturatore a disco rotante sincronizzato con l'avanzamento del film e dotato di una sottile fessura che si apriva per illuminare ciascun fotogramma in tempi così rapidi da congelare il movimento della pellicola e raggiungere l'occhio con circa 40 immagini al secondo. Per un tempo così breve la pellicola era virtualmente ferma, ma l'energia luminosa traspessa era tanto modesta da rendere impossibile la proiezione. Il film era chiuso in loop, in modo che dopo ogni visione l'apparecchio fosse pronto a ripeterlo, dopo l'inserimento della moneta.  La scenetta durava mezzo minuto con 15 metri di pellicola. La prima presentazione pubblica avvenne nel febbraio 1893. La prima sala inaugurata a New York il 14 aprile 1894 aveva 10 macchine, ognuna con un soggetto differente: l'uomo forzuto, un incontro di lotta, l'acrobata,  la ballerina...

https://youtu.be/sfI0NVC0hLU

https://youtu.be/WmZ4VPmhAkw

Vitascope. Francis Jenkins e Thomas Armat lavorarono nel 1894 ad un proiettore Phantascope servendosi di un meccanismo simile a quello inventato da George Demenÿ, una rotella che ad ogni giro spingeva avanti la pellicola, e la presentarono nell'ottobre 1895. Poi si divisero, Armat riprogettò la macchina e la chiamò Vitascope. Edison la vide all'inizio del 1896 e raggiunse un accordo con Armat per la sua produzione. Il battesimo pubblico avvenne il 23 aprile 1896 a New York, con soggetti realizzati con il Kinetograph. Negli USA ebbe successo, ma non in Europa, dove era già da tempo apparso il cinematografo dei Lumiere.

Bioskop. Il tedesco Carl Skladanowsky che si dedicava a spettacoli con la lanterna magica, realizzò nel 1892 insieme al fratello una macchina da presa in cui la pellicola andava di moto continuo e l'esposizione avveniva grazie ad una fessura su un otturatore rotante dietro cui passava la pellicola. La macchina però impressionava la pellicola in modo diseguale, per correggerla si lavorava sul negativo che occorreva tagliare e rimontare in modo da produrre strisce positive con fotogrammi alternati che poi venivano legati insieme in rocchetti. Per la proiezione ci si serviva di un proiettore bioskop, brevettato nel novembre 1895, il quale mostrava in successione prima il fotogramma di una pellicola e poi quello dell'altra in modo continuo senza gli intervalli bui. Lo stesso giorno in cui registrarono il brevetto, i fratelli Skladanowsky presentarono pubblicamente a Berlino la loro invenzione. Lo spettacolo durò  un quarto d'ora, nel corso del quale vennero presentati 8 film. Nel 1896 i due fratelli inventarono un nuovo proiettore e una nuova cinepresa questa volta con moto a intermittenza, ma ormai era tardi: si stava diffondendo ovunque la macchina dei Lumière.

https://youtu.be/TOWNraClhlw

Lumière. I fratelli Lumière erano al corrente delle ricerche sulla cronofotografia, anche grazie ai loro interessi industriali (producevano materiali per la fotografia). Inoltre fornivano le pellicole a Demenÿ, frequentavano il teatro ottico di Reynaud, avevano visto il kinetoscope di Edison, erano in corrispondenza epistolare con Marey, sapevano come funzionava l'apparecchio di Demenÿ e sapevano che la pellicola di Edison disponeva di perforazioni per mantenere a registro le immagini. Erano a conoscenza del fatto, dunque, che l'anello mancante era un meccanismo di grande precisione che trascinasse con moto intermittente la pellicola perforata, in modo da registrare su di essa fotogrammi perfettamente equidistanti tra loro. E lo trovarono: la griffa. I Lumière dunque non inventarono il cinematografo, dato che esso è costituito da un insieme di invenzioni che erano precedenti, ma il meccanismo che trascina la pellicola per il passo del fotogramma, espone questo per un certo tempo (lasciandolo immobile) alla luce proveniente dall'obiettivo (nel caso della macchina da presa) o a quella della sorgente di luce (nel caso del proiettore) per poi riprendere il moto inermittente, ed esporre un successivo fotogramma. Il meccanismo porta il nuovo fotogramma nell'identica posizione del precedente, così l'occhio dello spettatore può sovrapporre perfettamente l'immagine a quella precedente (si dice "a registro") evitando così saltellamenti. Il tempo di arresto deve essere sufficientemente lungo rispetto a quello dello scatto tra un fotogramma e l'atro, in modo da poter impressionare bene la pellicola e nella proiezione poter colpire con luce sufficiente l'occhio dello spettatore in attesa del nuovo fotogramma. Quando la griffa entra nella perforazione e porta in basso la pellicola trascinandola per lo spazio di un fotogramma, un otturatore rotante alla cadenza di un giro per fotogramma impedisce l'esposizione della pellicola. Questo sistema rispetto ai precedenti è molto più affidabile, il passo è costante e il tempo di esposizione supera quello di otturazione. La macchina dei Lumiere era al tempo stesso cinepresa e proiettore (con l'aggiunta di una lanterna magica, vedi foto in basso a sinistra). La seconda intuizione dei Lumière fu quella di utilizzare l'invenzione per creare un vero e proprio spettacolo, puntando dunque sulla proiezione e non sulla visione individuale.

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